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Chapel Of The Chimes (EP 2002) (6.5/10)
Knife Play (2002) (6.5/10)
A Promise (2003) (7/10)
Fabulous Muscles (2004) (7/10)
La Foret (2005) (7.5/10)

Gli Xiu Xiu iniziano come un quartetto di San Jose', California (Cory McCullough, Yvonne Chen , Lauren Andrews, and Jamie Stewart). Nel calderone di new wave revival d'inzio anni Duemila, il loro e' tra i migliori. La loro musica, astratta e scomposta, mescola Pere Ubu e Joy Division, Pop Group ed elettronica moderna. La loro e' l'angoscia del rock americano del nuovo millennio.

Le cinque tracce di Chapel Of The Chimes sono il debutto degli Xiu Xiu. "I Am The Center Of Your World" e' una eccellente introduzione alla loro musica, con pianoforte in libero delirio, batteria e chitarra ora addormentati ora improvvisamente desti, un battito in sottofondo e la voce di Jamie Stewart che confida chissa' quale segreto. Tra tutti, viene sicuramente in mente il Pop Group piu' astratto. Il resto prosegue su una direzione analoga, con brani quasi erratici, in una sorta di via di mezzo tra il gotico, l'industriale e la new wave piu' sperimentale.

Knife Play allinea altri undici episodi surreali e fantasiosi. Le percussioni sono un coacervo impietoso di rumori e sbattimenti ("I Broke Up"). La voce e' quella di un Mark Stewart in morfina ("Luber"). L'elettronica sparge demenza e caos alla Pere Ubu (il finale glorioso di "Hives Hives", gli arrangiamenti di synth un po' ovunque). L'umore e' quello di un gruppo di dark in libera uscita (il lamento eccentrico di "Dr. Troll").

A Promise, il secondo disco lungo degli Xiu Xiu cesella una musica piu' compatta ma non meno stridente e spigolosa. Stewart rimane padrone della scena in brani quasi cameristici, come "Sad Redux", una mini-composizione da camera che incrocia Fennesz e i Rachel's in una maniera che fa sembrare questi ultimi irrimediabilmente vecchi, e in scorribande come "Blacks", tra tremori di percussioni e voce.
Occasionalmente le svisate strumentali rubano invece la scena: "Pink City" e' una cavalcata di elettronica quasi da anni '70, e la voce e' solo un fronzolo.
La grandezza del gruppo e' quello di ruotare intorno al proprio centro di gravita' cambiando continuamente le coordinate. Suoni elettronici e acustici, umori e arrangiamenti si alternano nel giro di pochi secondi: difficile districarsi nel coacervo sonoro di ":Brooklyn Dodgers" (voce che ora canticchia o fugge, piano solitario e percussioni ora misteriose ora sfuggenti).
Concludono due pezzi sui generis. "Ian Curtis Wishlist" rende omaggio a quello che e', almeno nel mood, un loro ispiratore. La cover di "Fast Car" e' una burla fatta in modo intelligente.

Nel 2004, gli Xiu Xiu sono diventati il veicolo dell'ossessione di Jamie Stewart, ma poche ossessioni sono cosi' creative come in Fabulous Muscles. Questo labirinto di angoscia e' meno chiassoso rispetto ai dischi precedenti, ma non meno alla deriva. Che si tratti di una chitarrina spettrale, un ritmo di synth-pop o una svisata di free-rock, il suono e' sempre quello della claustrofobia e della depressione. i brani di Stewart sono le ultime volonta' di un suicida masochista lasciato a se stesso in uno studio di registrazione.

Il successivoLa Foret, di fatto un disco solista di Stewart, prosegue sulla stessa linea creativa di canzoni-gemito e arrangiamenti multiformi. Il metodo (ma certo non l'umore) ricordano a tratti i grandi cantautori free-form come Tim Buckley o il Van Morrison di "Astral Weeks"

© Lorenzo Casaccia