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LUCINDA WILLIAMS

Ramblin' On My Mind (Folkaways, 1979)
Happy Woman Blues (Folkways, 1980)
Lucinda Williams (1988)
Sweet Old World (Chameleon, 1993) (6/10)
Car Wheels On A Gravel Road (Mercury, 1998) (8/10)
Essence (Lost Highway, 2001) (6/10)
World Without Tears (2003) (6.5/10)

Tra le novita' del country americano Lucinda Williams e' la figura che sfugge un po' alle classificazioni, piu' che altro per motivi anagrafici. Se l'eta' la fa appartenere alla generazione della Nashville "tradizionale" di una Emmylou Harris, la Williams e' arrivata al successo ormai dopo i 40 anni, grazie a una personalita' fortissima e a tematiche inusuali. Il rispetto di cui gode pressoche' da tutti i lati e' relativamente raro (per lei si e' scomodata anche la penna di David Fricke su Rolling Stone).

Parsimoniosa nelle uscite (una manciata di dischi in vent'anni), la Williams puo' essere vista un po' come l'equivalente di Steve Earle (con cui ha peraltro collaborato piu' volte). Eternamente sconfitta ed insoddisfatta a prescindere, sempre in bilico tra rivincita e rassegnazione, indipendenza e bisogno di protezione, buio e luce.

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Figlia di un poeta e professore universitario e di una pianista provetta, la Williams visse, come molti Americani, l'esperienza di una adolescenza incostante, con la famiglia in continuo spostamente e lenta disgregazione, finche' il padre di mise con la baby-sitter della Williams stessa. Le prime prove discografiche, Ramblin' (un classico disco di cover, come si usava per i countrysinger al debutto) e Happy Woman Blues non furono incoraggianti. Il secondo fu un tale fallimento che per nove anni la Williams non entro` piu` in uno studio discografico. Nel 1984 si trasferi` a Los Angeles.

Soltanto nel 1988 usci` l'album omonimo, che la lancio` su scala nazionale. Perseguitata continuamente dalla sfortuna, la Williams impiego` poi altri quattro anni a far pubblicare Sweet Old World. Sono due dischi densi di umori personali ed il loro intimismo fini' per essere molto lontano dall'estetica di Nashville, centro del country "istituzionale", che negli anni Ottanta e Novanta aveva finito per produrre brani zuccherati ed un suono radiofonico.

Pur essendo in anticipo sui tempi nella riscoperta del country-rock progressivo (arrangiato e curato ma senza suonare artificiale), il successo arriva veramente solo nel 1998 quando esce Car Wheels On A Gravel Road, che vende centinaia di migliaia di copie e ne fa definitivamente una diva. Car Wheels On A Gravel Road e' uno dei dischi migliori dell'ondata country degli anni '90, forte del twang amarognolo della chitarra e delle atmosfere oscure evocate dalla voce matura e lievemente roca della Williams. Il contrasto tra il suono, aperto e a volte gioioso, e la voce, interiore e spesso malinconica, non potrebbe essere piu' forte.

Dopo essersi conquistata il rispetto di tutti Lucinda si e' poi potuta permettere, nel 2001, di fare uscire Essence, un disco ideato come un concept autobiografico sulla fine della sua relazione con il compagno di tanti anni. In netta opposizione con la Faith Hill che dominano in classifica, Essence indugia in una tristezza carezzevole, fatta di brani sensuali/sessuali ("Essence"), ballate alla Lisa Germano ("Lonely Girls"), e malinconie da loner con il cappelo da cowboy ("Blue"). Un disco meno messo a fuoco del precedente, ma che testimonia della sincera ispirazione dell'artista, una delle ultime portatrici in musica del feeling dolciastro e melanconico del Sud degli Stati Uniti.

Giunta a una seconda giovinezza artistica, la Williams torna a umori piu' sanguigni con World Without Tears nel 2003, un disco che fin dal titolo sembra volersi scrollare di dosso le note cupe di Essence. E' infatti una Williams piu' ruvida ed aspra, sia nei testi (forse piu' disillusi, sicuramente meno romantici), sia nelle musiche (con qualche concessione a chitarre robuste da un lato e a steel solari dall'altro). Il country-rock e' solo uno strumento per scavare con i testi nelle proprie ossessioni, per dare voce a un animo tanto solitario quanto disperatamente solo. Il fatto che le musiche siano a tratti persino banali avvolge il mito in un mantello di umanita'.

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by Lorenzo Casaccia ©