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MARY TIMONY

The Golden Dove (2002) (6/10)

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The Golden Dove Matador, 2002

Nella galleria delle cantautrici il secondo album solista di Mary Timony gioca la carta della varieta'.

La Timony era gia' stata cantante dei bostoniani Helium e quelle radici si rifanno vive fin da subito in "Look A Ghost In The Eye", con il canto alla Kristin Hersh. Il secondo brano, "The Mirror", gia' si rimangia tutto, con la chitarra lievemente dissonante (suonata dalla stessa Timony) a cesellare una ambientazione mistica grazie alle spezie degli archi. "Blood Tree" inizia allo stesso modo ma propone poi un refrain melodico alla Breeders finendo cosi' per mescolare le due anime descritte poco sopra.

L'alternanza di umori prosegue lungo tutto il disco. "Dr. Cat" e "The Owl's Escape" la vedono cimentarsi in lied medievali accompagnati da un piano tintinnante, inseguendo invano la levita' di una Jane Siberry o la religiosita' ultraterrena di una Nico, che forse e' quello che la Timony vorrebbe veramente essere.

A dimostrare l'incostanza di questa artista pur dotata, le stesse aspirazioni sono condivise da "14 Horses", cantilena raccontata sulle percussioni di un tamburo, ma il brano immediatamente seguente, "The White Room" va a rieccheggiare con insistenza certi brani di Liz Phair.

Presi uno per uno i pezzi della Timony si fanno anche apprezzare, per un tono materno e narrativo e siccome in fondo possiede un discreto talento, ma nel complesso il disco mostra la corda quando cerca di raggiungere vette troppo elevate.

Forse, semplicemente, deve ancora crescere.

6/10