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DAVID SYLVIAN

Blemish (7/10)

David Sylvian era il cantante dei Japan.

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Blemish Sound CD, 2003

Se Sylvian ha avuto un'idea intelligente, e' stata sicuramente quella di circondarsi sempre di collaboratori talentuosi (da Fripp a Sakamoto a Czukay). Questo disco non fa eccezione, essendo suonato per meta' in compagnia di Derek Bailey alla chitarra e Christian Fennesz all'elettronica.

Si tratta sostanzialmente di un lavoro per voce, chitarra ed electronics, che si pone idealmente nella scia di due dei dischi piu' osannati del nuovo millennio: "Kid A" dei Radiohead e "Vespertine" di Bjork. L'idea e' infatti sempre quella. Immergere la forma canzone in un mare di suoni elettronici. L'influenza in senso esteso di Eno e dei suoi fidi (Fripp e Byrne) si fa sentire.un po' dappertutto. L'iniziale "Blemish", un qualcosa come un canto libero su suoni alla Fennesz (anche se Fennesz in questo brano non c'e'), e' in questo senso il manifesto del disco. Una glorificazione, appunto, del dettaglio (o delle imperfezioni, come suggerisce il titolo), che si replica poi in "The Only Daughter".

Le tracce con Bailey sostituiscono l'elettronica con astrazioni chitarristiche. "The Good Son" e "She Is Not" in particolare faranno sicuramente sobbalzare i fan dei Gastr Del Sol, tanto le note di Bailey sembrano uscire direttamente da "Upgrade And Afterlife". Tutti I brani hanno un andamento narcolettico che farebbe invidia ai Codeine. Quello piu' "normale" e' la spettrale "Late Night Shopping", con ritmica tenuta dal battito di mani e disturbi elettronici surreali.

Il disco guadagna diversi punti in chiusura, con "A Fire In The Forest", quando (ancora una volta, intelligentemente) Sylvian cede il passo a Fennesz (invece di giocare lui a fare il Fennesz). Quando l'austriaco spalanca le porte del suo laptop - cosi' come un compositore di classica regalerebbe un largo agli ascoltatori - l'effetto e' quasi commovente.

Un disco artigianale. D'autore si sarebbe detto una volta. Di quelli che riescono sempre a strappare una buona recensione.

7/10

© Lorenzo Casaccia, 2003