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SPRING HEEL JACK


There Are Strings (1995)
Versions (1996)
68 Million Shades (1996)
Casino (1997)
Busy Curious Thirsty (1997)
Treader (1999)
Disappeared (2000)
Masses (2001)
Amassed (2002) (7.5/10)
Live (2003) (6.5/10)
The Sweetness Of The Water (2004) (7/10)

Gli Spring Heel Jack sono John Coxon (ex Spiritualized) e Ashley Wales. Provenienti da due background tanto disparati come il rock e la classica, hanno dato forma a uno dei gruppi piu' importanti del cambio di millennio.

Partiti dalla jungle, si sono accostati alla scuola jazzistica di New York Downtown diventando di fatto compositori d'avanguardia. Il punto di svolta della loro carriera sta tra il 2000 e il 2001. Disappeared e' l'ultimo disco di drum'n'bass. Masses e' il primo disco di jazz d'avanguardia.


Amassed continua la ricerca tra i generi (jazz, elettronica, avanguardia) che la Thirsty Ear sta promuovendo con la collana Blue Series. Come gia' su "Optometry" di DJ Spooky, l'idea e' quella di accostare artisti provenienti dall'elettronica "bassa" ed esponenti dell'avanguardia jazz (in questo caso l'onnipresente Matthew Shipp, ma anche Bennink alla batteria, Rutherford al trombone ed Evan Parker ai fiati). In effetti gli Spring Heel Jack non sono nuovi ad esperienze di questo tipo: il loro esordio sulla Blue Series dell'anno scorso ,"Masses", li aveva gia' nettamente emancipati dall'esperienza jungle da cui provengono.
Il lavoro si apre su "Double Cross", quasi un sussurro di jazz, a meta' tra una colonna sonora di Herrmann e un arrangiamento di Tom Waits, solo spezzato di tanto in tanto da qualche fendente di elettronica. Parte con gocce di Miles Davis elettrico e continua su baccanali alla John Zorn la seguente "Amassed". Shipp, questa volta al Fender Rhodes, si ritaglia al solito parti da protagonista, in particolare su "Wormwood", un brano che sfiora tutti i generi sena abbracciarne nessuno.
La musica dell'ensemble e' come una galassia vista da lontano, estremamente quieta ma terribilmente complicata se solo approcciata piu' da vicino, generata da strati e strati di elaborazione. La parte giocata in tutto questo da Coxon e Wales (per certi versi non e' chiara: hanno rivestito il ruolo di "produttori"? Hanno "editato" ore di improvvisazione per modellare questo caos apparente? Hanno cucito insieme frammenti suonati da musicisti che non si sono nemmeno incontrati?
"Lit" offre la prima vera "melodia" del disco, di Kenny Wheeler, appoggiata su di un organo dall'andamento cerimoniale e su di un paesaggio di microsuoni che ci potremmo aspettare da un Brandon LaBelle o una Olivia Block. "Duel" aumenta la tensione con un accordo di piano che si ripete con ossessione minimalista mentre fiati e batteria vanno a cozzare. "Obscured" chiude il disco in maniera strepitosa con un ritmo tribale sopra al quale vengono riassunte tutte le idee precedenti, dai rumori concreti, alle divagazioni di sax, al Fender alla Weather Report di Shipp.
La musica degli Spring Heel Jack si conferma tra le piu' coraggiose degli ultimi anni.

Live raccoglie due registrazioni effettuate con un supergruppo formato da mostri sacri dell'improv europea (Bennink e Evan Parker), dai soliti noti newyorkesi (Shipp e William Parker), e da J. Spacemen degli Spacemen 3.
Sostanzialmente si tratta di due lunghe sedute di musica improvvisata che celebrano il nuovo ruolo del duo inglese.

Sweetness Of The Water prosegue sulla strada del jazz d'avanguardia con una ulteriore collaborazione, i cui protagonisti questa volta sono Wadada Leo Smith (tromba) e Evan Parker (sassofono). La musica tende verso una forma di "improvvisazione lirica" che potrebbe essere il contributo piu' importante degli SHJ al genere. E' questo il caso di "Lata" (loop circolare di organo), "Autumn" (tappeto di elettronica con gorgheggi spezzati di Smith) e "Track Two" (scale di fiati e accordi di piano tra magistrali alternanze di silenzi).

© Lorenzo Casaccia, 2003