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SLINT

Tweez (1987) (8.5/10)
Spiderland (1991) (9/10)
Slint (EP 1994)

A dispetto della loro parca produzione (l'intero loro output non raggiunge i 90 minuti), gli Slint sono uno dei gruppi piu' importanti della storia del rock. Con gli Slint, il rinascimento hardcore degli anni '80 si disrega in un rock autistico, una musica che maschera l'emotivita' dietro alla precisione compositiva ed esecutiva.

Emozionalmente, gli Slint sono "vuoti". Il loro e' un rock da "pensiero debole", la colonna sonora dell'assenza di contesto (a differenza della maggior parte del rock che e' quasi sempre musica il cui valore dipende dal contesto). Musicalmente, l'implementazione di questo progetto si appoggia su di un impianto prevalentemente chitarristico, i cui ispiratori piu' prossimi sono lo stile abrasivo di Steve Albini, quello acido di Tom Verlaine e quello funambolico di Robert Fripp. Nondimeno, entrambi i dischi degli Slint sono decisamente distanti da Big Black, Television e King Crimson.

Le componenti fondamentali sono tuttavia una novita'. Il canto e' quasi sempre assente o relegato a mormorio a stento intellegibile al di sotto degli strumenti. Assoli e ritmica sono per lo piu' banditi a favore di arpeggi sghembi ed armonici taglienti. Il silenzio diventa esplicitamente un espediente compositivo. La complessita' delle composizioni e' pari al livello di controllo esercitato dai musicisti su di essa. L'arte degli Slint sposa il suono dell'hardcore con l'austerita' della musica classica.

Tutte queste componenti forgeranno una generazione di rock indipendente americano, che di volta in volta mettera' l'accento su di un aspetto piuttosto che su un altro. Il decennio vedra' quindi gruppi votati alla canzone autistica (For Carnation), alla canzone astratta (Storm & Stress), al baccano chitarristico (Don Caballero), alla geometria fine a se stessa (June Of '44), alla melodia attraverso la geometria (Tortoise), e l'elenco potrebbe continuare.

Gli Slint condensano questo intero spettro espressivo in poco piu' di una dozzina di brani.


Gli Slint nacquero a Louisville, Kentucky, dai frammenti di una generazione che aveva gia' dato vita agli Squirrel Bait e avrebbe anche prodotto, piu' o meno negli stessi anni, Bitch Magnet e Gastr Del Sol. Alla guida del gruppo si pose Brian McMahan (gia' chitarrista degli Squirrel Bait), coadiuvato da Ethan Buckler (basso), Britt Walford (batteria) e David Pajo (chitarra).

L'esordio degli Slint avviene nel 1987, anche se Tweez verra' fatto uscire solo nel 1989. E' Steve Albini, eminenza grigia di tanta musica indipendente di quegli anni, a scoprire il gruppo e farlo registrare. Nove sono i brani che compongono Tweez, brevi bozzetti dedicati agli otto genitori del quartetto piu' il cane di uno di loro. La produzione di Albini contribuisce a pennellare brani tanto complessi di una patina quasi amatoriale, dove la parte del protagonista la fa la timbrica, un caleidoscopio di suoni chitarristici inusitato.

Ron sembra uscire da una colonna sonora di Zorn: suona hardcore ma la cadenza a tratti e' western. Su Nan Ding la chitarra disegna linee che ricordano un Arto Lindsay a velocita' doppia. Su Carol e' la ritmica a trascinare il brano tra rumori assortiti, mentre la chitarra sostanzialmente accompagna il brano con accordi abrasivi ora in consonanza di tempo ora in controtempo. Il buffo suono di una bibita deglutita apre Kent, dove un clone di Marc Ribot (in realta' David Pajo) si esibisce in uno show che potrebbe persino ricordare il country per i primi due minuti e il jazz per gli ultimi due. Charlotte e Warren sarebbero forse i brani piu' prossimi all'esperienza degli Squirrel Bait, se non fosse che la chitarra non si vuole decidere a mantenere lo stesso ritmo e continua a rallentare e ripartire. In Warren la sarabanda viene interrotta improvvisamente da un intermezzo tra il ridicolo e lo spettrale a proposito dei "tweezer" del titolo. Darlene porta l'attenzione sulla narrazione della voce: e' solo un espediente per distrarre, mentre l'azione e' in realta' condotta da chitarra e basso che si inseguono con armonie e accenti degne di un contrappunto. Pat insegue una voce distorta con un quadretto di punk-funk. Rhoda e' un carnevale di ritmi, come se uno Steve Albini stesse suonando la chitarra sotto Prozac

L'impressione e' quella di una massa di idee geniali ancora in parte non coagulate, come in una bozza approssimata di un Double NIckel On The Dime o uno Zen Arcade. Mai ventotto minuti erano apparsi piu' disorientanti.


Il secondo disco degli Slint, Spiderland, e' altrettanto enigmatico. I sei brani non solo di fatto bandiscono melodia e assoli, ma trasformano pure il canto in un sussurro intimista. Le musiche prendono a prestito dal rock "duro", ma ora lo deformano in un caleidoscopio di timbri, ora lo dilatano in oceani di pause.

Il disco si apre su uno degli incipit piu' originali del decennio: la battuta di tre armonici, pausa e due terzine di Breadcrumb Trail. Il brano vive di geometrie impossibili, come nei quadri di Escher, disegnate da scale musicali che salgono, scendono e si intrecciano. Il suono e' abrasivo, come nell'hardcore piu' cattivo, ma anche composto, come nella musica da camera. Nosferatu Man gioca invece sul ritmo: il primo riff della chitarra ritmica e del basso e' in controtempo rispetto a batteria e chitarra solista. Un gioco analogo di accenti anima la seconda parte del brano dove ora le chitarre suonano all'unisono ma in opposizione alla batteria. Tutta la seconda parte del brano (da 2:40 in poi) apre di fatto le porte al math-rock: qualche funambolismo in piu' alle percussioni e saremmo in area Don Caballero.

Don, Aman e' ancora piu' ostico: introdotte dal sussurro di "Don stepped outside", due chitarre suonano per circa due minuti una sequenza di accordi senz'altro ritmo se non quello meramente enunciativo della sequenza stessa. Questa non e' nemmeno piu' l'assenza di emozione (perche' quello sarebbe il silenzio), ma la sostituzione delle emozioni con un pensiero neutro. La seconda parte del brano (da 1:50 a 4:25) continua il racconto mentre le chitarre suonano la stessa sequenza accelerata. La terza parte del brano (da 4:25 a 4:55) introduce una distorsione alla Big Black. La chiusa del brano ripete l'inizio, riflettendo quindi nell' architettura del brano la stessa circolarita' della sequenza di accordi, come insegna la matematica dei frattali.

La seconda meta' del disco si apre su Washer, forse il brano piu' influente del lotto. Il mood malinconico ed il cantato sonnolento diventeranno la cifra artistica dei For Carnation. Il primo intermezzo (intorno a 3:30) costruisce una tensione e poi la risolve su una apertura melodica di bassi da cui presero appunti i Tortoise. Dal secondo intermezzo (intorno a 4:55), che imita il pattern precedente sciogliendosi pero' in una apertura piu' cupa e disturbata dagli arrangiamenti della seconda chitarra, impareranno i June Of '44.

For Dinner gioca nuovamente a costruire una tensione infinita, con la malizia dell'avanguardista. La cosa importante non e' "cosa" stanno suonando le chitarre (praticamente quasi sempre lo stesso accordo), ma "come" lo stanno suonando (una serie infinita di crescendo non risolti). Quando la frase musicale si chiude per la prima volta, basterebbe aggiungere qualche nota di vibrafono per essere di nuovo in area Tortoise. Il brano non esiste: l'introduzione "e'" il brano stesso.

La conclusiva Good Morning, Captain rimescola gli ingredienti: la voce narra una storia inquietante mentre le chitarre alternano arpeggi in controtempo, silenzi e arpeggi in dissonanza. E' una ritmica robotica e percussiva che trascende prima (intorno a 4:15) in un giochetto di microsuoni delle chitarre, e poi (intorno a 6:00) in un marasma finale memore del passato hardcore del gruppo. Dopo un disco di sussurri, la voce puo' finalmente urlare mentre affonda cantando "I miss you".


Un EP senza titolo con due brani e' uscito nel 1994.


Gli Slint si sono riformati nel 2005, a quasi vent'anni dalla loro nascita, per una serie di concerti.

© Lorenzo Casaccia, 2005