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DAVID GRUBBS

Rickets & Scurvy (2002) (7/10)

David Grubbs e' uno dei grandi musicisti degli anni '90.

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Rickets & Scurvy Fat Cat, 2002

Che Grubbs sia stato un colosso degli anni '90 (Squirrel Bait, Gastr Del Sol, carriera solista) e' una certezza. E che non faccia nulla per rendersi simpatico e' un fatto, anche se fortunamente la sua musica non viene inquinata dalla spocchia derivante dal fatto di avere intrapreso - eccezione in un ambiente di ignoranti - la strada di un ph.D in letteratura.

"Rickets & Scurvy", terzo album solista di "canzoni", resta comunque tra le produzioni piu' "intellettuali" in circolazione. Il disco mostra ancora una volta come la ricerca di Grubbs si stia spostando verso una analisi raffinata del folk, memore nello spirito di John Fahey, e sorretta da due pilastri tanto differenti quanto il post-rock (per lo stile alla chitarra, freddo e insistito) e il pop (per l'uso della voce, come non mai a caccia di melodie).

Ma e' uno studio surreale sul folk americano il risultato finale, con gli ingredienti precedenti a mescolarsi in combinazioni sempre differenti, dal giro di chitarra alla William Ackerman di "A Dream To Help Me Sleep", ai riff alla Gastr Del Sol a velocita' raddoppiata di "Transom" e "Pinned To The Spot".

Rispetto al felicissimo "The Thicket", i brani si dilatano leggermente di piu', con code strumentali talora piu' robuste ("Don't Think", "The Nearer By And By"), talora sospese come in un sogno (la gia' citata "Pinned To The Spot").

Lasciano invece perplessi i suoni elettronici di "Precipice" e "Crevasse" (forse una ricerca un po' goffa di nuove strade espressive). Il disco si conclude poi sulla ballata sghemba per piano e voce di "Kentucky Karaoke", di cui Joni Mitchell sarebbe fiera.

Il tempo suo e' forse passato, ma Grubbs resta un'autore di canzoni di tutto rispetto.

7/10

© Lorenzo Casaccia, 2002