DAFT PUNK
Homework (1996) (7/10)
Stardust:The Music Sounds Better With You (single)
(2001) (9/10)
Discovery (2001) (8/10)
Human After All (2005) (6.5/10)
I Daft Punk (Guy Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter) sono gli esponenti di punta del "french touch", la corrente house francese degli anni '90 e uno dei gruppi piu' importanti della storia della musica da ballo. La loro house e' un gioco estetico lucido e cinico, denso di ironia e realizzato con i suoni piu' accattivanti dell'epoca. Discovery e il singolo a nome Stardust sono candidati a massimi capolavori della house.
Diventati famosi nel circuito dance con "New Wave",
un singolo su Soma del 1994, arrivano alla vera gloria solo nel 1996
Homework , uno dei dischi
piu' influenti per la storia dell musica house, qualifica fin da subito la poetica
perfezionista ed ironica al tempo stesso dei Daft Punk. Questo e' un gruppo
alla ricerca del beat perfetto, che macina martelli di riff e vortici di bassi
con insistenza scientifica.
Un brano come "Revolution 909"
potrebbe andare avanti per pochi secondi o per ore: il climax tipico della dance
e' soppresso a favore di un distacco agghiacciante nell'esposizione del motivo
musicale. Il lato ironico dei Daft Punk emerge invece con "Da Funk"
(che gia' era diventato leggendario come singolo nel 1995) una melodia plasticosa
ed orecchiabile con un gusto retro', le cui caratteristiche torneranno in tutta
la carriera del duo. "Phoenix" e' addirittura beffardo nell'irretire
l'ascoltatore con un barrage di basso tenebroso poi contraddetto da un campione
giocoso e solare.
Con questo disco, I Daft Punk inventano la dance fatta con distacco: la meta-dance.
Nel 1998, Bangalter, l'altro produttore Alan Braxe e il vocalist Benjamin Diamond formano gli Stardust, i quali realizzano un solo pezzo: "The Music Sounds Better With You", campione stellare di violini e voce raddoppiata al limite tra pianto soul e cinismo robotico. E' il capolavoro del french touch e uno dei massimi brani da discoteca di tutti i tempi (nonche' uno dei pezzi piu' remixati dell'epoca, spesso in coppia con "U Don't Know Me" di Armand Van Helden)
Passano cinque anni per arrivare a Discovery (una
sciarada per "very disco"), ma si tratta forse della raccolta di musica da ballo
piu' ambiziosa di sempre.
Aperto da un singolo spietato
e perfetto come "One More Time", con tutte le caratteristiche tipiche dei Daft
Punk (il suono retro' del vocoder, la ricerca timbrica, il motivo melodico ripetuto
all'ossessione, l'ineluttabile spleen di fondo), Discovery gioca subito
tutte le sue carte nei primi quattro brani. "Aerodynamic" comincia
con battito di campane (a morto?) che apre la strada ad un beat possente improvvisamente
rimpiazzato da un riff chitarra in tapping, la tecnica virtuosistica resa celebre
dal metal degli anni '80. E' lo straniamento la cifra estetica di un accostamento
tanto bizzarro, lontano parente di quello che Jim O'Rourke aveva fatto sul corpo
sonoro dei Gastr Del Sol negli anni '90. "Digital Love" e' una canzone di pop
elettronico con una melodia irresistibilmente e stupidamente azzeccata.
"Harder, Better, Faster, Stronger" e' un viaggio sonoro che comincia con una
ritmica tra il lussureggiante (i dettagli dei riverberi) ed il pacchiano (i
quarti battuti sul piatto come nel clichet dei ritornelli dell'hard rock degli
anni '70) e si conclude con una voce filtrata al vocoder che perde gradualmente
ogni parvenza di umano per diventare essa stessa suono elettronico, pura materia
manipolata e desensibilizzata. Se per Joan La Barbara la voce era pura emozione,
per i Daft Punk la voce e' un mero fatto contingente. In pochi avevano cercato
di rendere cosi' profonda la musica da ballo. In pochissimi l'avevano fatto
in un contesto tanto poco accademico.
Il resto del disco accentua l'aspetto piu' strettamente tecnico del duo. Il
seguente set di quattro brani e' costituito da composizioni tipicamente realizzate
intorno a un riff singolo, spremuto al limite delle sue possibilita' a creare
tracce che sono di fatto carne da macello per DJ. E' una galleria di umori e
colori, dal suono sudamericano' di "Crescendolls" al battito quasi ambientale/aphexiano
di "Nightvision", dal crescendo ossessivo di "Superheroes" al beat luminoso
di stupore infantile di "High Life".
La parte rimanente del disco non fa che rielaborare gli stessi elementi. La
seconda "canzone" dei disco ("Something About Us") mostra come questi produttori
cinici e dissacranti siano in grado di rimescolare le carte a creare una ballatona
alla Lionel Ritchie fatta solo di elettronica, dalla ritmica all'arrangiamento,
all'immancabile assolo sdolcinato. "Voyager" gioca di nuovo su un solo riff
travolto dall'impatto di una tastiera alla Giorgio Moroder. "Veridis Quo" (un
altra sciarada per "very disco") insiste sulla stessa forma espressiva: una
voluta di tastiera che si perde poi tra reminescenze tra Kraftwerk e Tangerine
Dream. "Short Circuit" e' una celebrazione del suono kitch della tastiera degli
anni '80 modulato su una ritmica sbarazzina, quasi clownesca.
Gli ultimi due brani del disco ("Face To Face" e "Too Late") sono tracce soul-dance
che chiudono il discorso cominciato da "One More Time".
Con un disco formalmente perfetto, gioco estetico tanto ingenuamente adolescenziale
quanto consapevolmente collocato nel suo contesto, i Daft Punk sono gli artisti
di dance che piu' sono riusciti a trascinare questo genere musicale al di fuori
delle discoteche. La loro e' una operazione tanto lucida quanto divertita/divertente.
Seria, ma con il sorriso sulle labbra.
Altri quattro anni passano per il disco successivo Human
After All. E'
un lavoro sonicamente meno rivoluzionario dei precedenti, un po' perche' certi
suoni ormai sono ormai uno standard de facto, un po' perche' questo e' un lavoro
per certi versi molto piu' svincolato dalla tradizione stessa della musica house.
Si potrebbe argomentare in effetti che questo non e' per nulla un disco di musica
da ballo, quanto un disco di elettronica con qualche brano piu' tirato.
I Daft Punk hanno assorbito i trend musicali del nuovo millennio, dalla preponderanza
dell'elettronica da salotto (erede di Eno e del trip-hop) al revival del periodo
rock della new wave che ha sfiorato anche l'elettronica attraverso gli LCD Soundsystem.
Ne e' subito prova "Human After All", che determina il tono del disco cosi'
come "One More Time" determinava quello di "Discovery". E' di nuovo una glorificazione
dei kitsch-pop: beat gigante con doppia cassa e rullante, gracchiate di vocoder
e chitarra elettrica. Brani del 2001 come "Aerodynamic" e "Harder, Better" erano
house che giocava con il rock. "Human After All" e' rock suonato come se fosse
house.
La seguente "The Prime Time Of Your Life" sancisce l'ennesimo gioco estetico
del duo, che recupera quella che potrebbe essere dance di serie C degli anni
'70 e la passa al frullatore di un vocoder da cui esce un surreale accelerato
finale. E' persino difficile immaginare chi sia il pubblico ideale di questi
divertissement deliranti. Probabilmente Frank Zappa sarebbe orgoglioso di loro.
"Robot Rock" e' di fatto una versione moderna della leggendaria "We Are The
Robots" dei Kraftwerk: qui la differenza la fanno una chitarra che scimmiotta
gli MC5 e un altro riff di un vocoder che potrebbe essere una chitarra (o di
una chitarra passata al sintetizzatore).
Anche nei brani che replicano il gioco di lavorare intorno ad una sola idea
i Daft Punk tentano di sostituire i sorrisi con i muscoli. E' il trucco di "Steam
Machine", snervante ritmo alla Depeche Mode, "The Brainwasher", giocato su un
riffage elettrico impietoso e cupo, e persino di "Make Love", dove un ritmo
metronomico, quasi violento, annulla lo sdolcinato riff di pianoforte. E' rimasto
poco del french touch in questi pezzi, nel senso che questo non e' piu'
il suono della gioia liceale, ma quello di una maturita' amara. L'ironia, quella
si', e' rimasta a sprazzi, e un brano come "Television Rules The Nation" lo
dimostra giocando lo spleen della voce contro l'ennesimo riff hard cosi' sfrontato
da non poter proprio essere preso sul serio.
Il disco si chiude su due note rubate ai dischi precedenti (a pensar male, verrebbe
da dire: degli scarti di quei dischi). "Technologic" e' una sarabanda di voce
accelerata e vocoder alla "Harder, Better". "Emotion" e' un quadretto romantico
alla "Nightvision".
A parte del tracce finali, il gioco dei Daft Punk in Human After All
consiste proprio nella ricerca di un suono impossibile tra il rock e la house,
suonando la house come se fosse rock, e il rock come se fosse house. E' uno
sforzo che tende ad una qualche materia aliena che sposi il le tecniche formali
dei due generi depurandoli dalle rispettive passioni.
E' anche una operazione difficile da decrifrare, perche' gli elementi sono sempre
descritti in termini massimalisti, come in una caricatura. Se l'intento e' sicuramente
uno specchio dei tempi (musicali), il risultato pecca forse di eccessiva freddezza.
© Lorenzo Casaccia, 2005