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Black Box - Luglio 2002

by Lorenzo Casaccia ©

P. DIDDY We Invented The Remix BMG
YING YANG TWINS Alley: The Return Of Edel
AFU-RA Life Force Radio Edel
PEOPLE UNDER THE STAIRS O.S.T. Puts
KYLE JONES a.k.a. SCRATCH The Embodiment Of Instrumentation Rykodisc
BOUNTY KILLER Ghetto Dictionary: The Art Of War VP
BOUNTY KILLER Ghetto Dictionary: The Mistery VP

Questa volta il Black Box non si occupa di underground hip-hop, Def Jux, Anticon e simili ma vaga tra le uscite di personaggi piu' noti della musica nera. Nomi che magari sono sconosciuti ai piu' in Italia, ma che in America muovono masse, pubblicita' e dollari.

E' un momento confuso per il mainstream della black music, e questa pletora di uscite che spazia su tutti i generi con una qualita' assolutamente discutibile non fa che dare una possibile istantanea casuale della situazione.

A scopo simbolico, vale la pena di aprire con l'emblematico "We Invented The Remix" di P.Diddy. Questi altri non e' se non il ben noto Puff Daddy e non par vero quanto il tempo passi in fretta.
Sembrano infatti cosa di ieri gli epitaffi funebri fatti con le canzoni dei Police, l'esibizione dal vivo con Sting a fianco, le sfilate di moda, la love-story con Jennifer Lopez ed una festa di compleanno definita surrealmente da MTV come uno dei dieci party migliori del secolo (perche'? qualcuno e' andato a tutti e dieci?).
Sembra ieri, e invece oggi la ruota della sorte e' girata e dopo le pistole nel cruscotto, i processi e i gossip ci troviamo tra le mani un disco patetico di cui Puff e' cosi' insicuro da sentire il bisogno di ricordarci all'inizio che il suo primo remix ha venduto due milioni e mezzo di copie e che, per dirla in breve, il remix l'ha inventato lui. Il resto e' hip-hop commerciale della peggior fatta. (4/10)

Persino peggio sono gli Ying Yang Twins, uno dei tanti gruppi da MTV (vale la pena ricordare che negli States MTV dedica moltissimo spazio all'hip hop), il cui ascolto puo' essere istruttivo proprio per questo motivo. Il loro secondo disco, con basi finto-drammatiche e voce ruvida alla Busta Rhymes e' misurato a puntino per quel palcoscenico e certo non per questo Black Box. (4/10)

Anche Afu-Ra, con "Life Force Radio", punta allo stesso tipo di popolarita' (non a caso va forte in Germania) con uno stile che pesca a caso dal Wu-Tang Clan e dal gangsta e che alterna qualche piacevole intuizione a brani puramente da riempitivo. (5/10)

Dopo il precedente terzetto, tentiamo di risalire faticosamente la china.
Parlare dei People Under The Stairs e delle loro tematiche in Italia e' arduo. Il duo di Los Angeles (e fieramente di Los Angeles, diremmo) rivendica una esistenza, personale e musicale, del tutto underground, distanziandosi allo stesso tempo dal cosidetto underground hip hop, di cui abbiamo piu' volte parlato, visto come troppo intellettualizzato e troppo distante dalle radici "culturali" del genere.
Ne vien fuori, per questo terzo album del duo, un suono morbido e cantilenante, tipicamente West Coast (con qualche gioiellino come "Empty Bottles Of Water") ma senza cedimenti e banalita', un po' datato rispetto alle avanguardie attuali ma cesellato con mestiere. (6/10)

"The Embodiment Of Instrumentation" e' invece il primo disco solista di Scratch, un musicista rispettabile che di norma e' membro di The Roots, gruppo hip-hop di discreta popolarita'.
Scratch e' anche noto come "the human beatbox" siccome si diletta a realizzare ogni sorta di base servendosi solo della propria voce.
Preso atto delle sue eccellenti abilita' tecniche, va detto che questo disco e' piu' che altro un passatempo, con una galleria di basi di ogni tipo a preparare il terreno per il consueto stuolo di ospiti.
Qualcosa esce bene (il soul-dance con sapori di Prince di "Square One"), molto altro no. (5/10)

Per concludere, leggermente fuori dal genere delineato dai dischi precedenti stanno questi due lavori del giamaicano Bounty Killer che si legano piuttosto al reggae-dancehall.
Bounty Killer e' un personaggio leggendario della musica giamaicana recente, protagonista di epiche e poco pacifiche sfide tra DJ, cantore della violenza dei ghetti e avvicinatosi all'hip hop e al successo internazionale a meta' del decennio scorso (recentemente ha fatto da comparsa in "Hey Babe" dei No Doubt).
Questa uscita ciclopica (40 brani su due dischi) si propone di illustrarne tutti gli aspetti.
"The Art Of War" si concentra sul lato piu' macho, con poche concessioni al facile ascolto, un beat pesante e ruvido e un approccio che restituisce il sapore dei citati duelli tra Dj.
"The Mistery" ha invece un taglio relativamente piu' morbido con sconfinamenti nella musica giamaicana delle radici e nel soul/r'n'b.
C'e' talento ma anche molto gia' sentito in entrambi i dischi.
Inutile chiedersi i perche' di tanta megalomania (una massiccia scrematura da entrambi i dischi avrebbe sicuramente giovato).
(6/10) al primo e (5/10) al secondo.