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THE BOOKS

Thought For Food (2002) (7.5/10)
The Lemon Of Pink (2003) (7/10)
Lost And Safe (2005) (7/10)

I Books sono il chitarrista Nick Zammuto, che risiede nella North Carolina, e il violoncellista Paul de Jong, che vive a New York.

La loro musica mescola le avanguardie del periodo, dal rock dei Gastr Del Sol alla passione per i microsuoni elettronici e al revival della musica concreta, aggiungendovi la folle irriverenza che fu gia' dei Faust ed il candore del folk, che pure stava ritornando alla ribalta in quegli anni.

Il loro risultato piu' fondamentale e' quello di aver rigirato in canzone quella che partiva come avanguardia suo malgrado, continuando di fatto il discorso lasciato in parte da David Grubbs. Per molti versi, l'elegante eccentricita' della loro musica e' essenzialmente uno specchio dei tempi

Thought For Food e' la loro prima uscita, una raccolta spettacolare di dodici brani prettamente strumentali che occulta le spoglie della musica popolare americana con tracce di microelettronica, collages vocali e svisate astratte di violoncello. Gli elementi che prevalgono sono ora l'uno ora l'altro, creando cosi' una bizzarra e cinematografica alternanza tra sarabande e mini-composizioni da camera.
Il disco si apre "Enjoy Your Worries", un brano che incastra su un insistito chitarristico memore dei Gastr Del Sol spezzoni piu' o meno umoristici (frammenti di frase o discorso, voci accelerate o distorse) commentati dalla malinconia del violoncello, fino a una conclusione tra country-noise degna dei Faust. "Read, Eat, Sleep" modifica le coordinate aggiungendo un basso dirompente e una cantilena di percussioni, mentre una voce ripete - quasi programmaticamente - "aleatoric". In alcuni brani l'aspetto collagistico prende del tutto il sopravvento, come in "All Bad Ends All", e allora sembra piu' che altro di assistere a una dimostrazione di bravura.
La seconda parte del disco sopisce le pulsioni piu' intellettuali della prima meta' e vira verso una forma espressiva che e' cio' il post-rock americano sarebbe stato se fosse disceso dal folk, anziche' dall'hardcore. "All Our Base Are Belong" e' il primo tentativo di modellare una specie di canzone, alternando l'incrocio di voci causali e chitarre acustiche spigolose con un refrain sepolto dai riverberi che pare ricordare "Mother" dei Pink Floyd. L'assenza di centro di gravita' e' straniante in una maniera prossima a Tweez degli Slint, e certo il duo ha ascoltato i frutti migliori dell'asse Louisville/Chicago degli anni '90: "Thank Your Branch" e' un cavalcata di chitarre come un David Grubbs suonato a velocita' doppia e "Mikey Bass" evochera' in molti il ricordo dei Bastro.
Il disco procede su ulteriori binari di normalizzazione nella sua parte conclusiva, Qui e' il background folk a venire alla ribalta, come in "Motherless Bastard", un quadretto pastorale per chitarra, violoncello e grancassa che sarebbe forse potuto piacere alla Windham Hill, o "Getting The Done Job", una ballata tutto sommato tradizionale per banjo e doppia voce.
Questo tour de force sonoro si chiude su un "Silenzio", pronunciato in italiano.

The Lemon For Pink e' un disco che perde un po' dell'effetto sorpresa ma ripresenta le stesse idee collagistiche in una forma altrettanto efficace. La novita' del disco e' soprattutto che il duo ha sostanzialmente deciso come dosare gli ingredienti rispetto al disco precedente: fanno quindi la parte del padrone le chitarre folk o country, i campioni vocali e il canto.
Il primo brano, "The Lemon Of Pink 1", inizia tuttavia di nuovo su una direttrice Gastr Del Sol, tra sparuti rintocchi di chitarra e sfrigolii alla Brandon LaBelle, ma si apre poi alla melodia, quasi a simboleggiare la svolta del duo. In "Tokyo" una figura melodica country viene suonata da diversi strumenti in una sorta di contrappunto punteggiato da interruzioni artificiali e campioni vocali.
"Sb Is For Evrysing" e' tanto astratto quanto puo' esserlo un brano: una elucubrazione di violoncello tormentata da interruzioni di tutti i tipi: l'impressione e' quella di un pastiche quasi spettrale, una espressivita' concettuale negli intenti che riesce pero' a mantenere parte della comunicabilita' della musica popolare. La melodia fa capolino anche in "There Is No There", ma e' pur sempre melodia per come la intende questo duo di sciamannati: un barlume di sanita' all'interno di un oceano di input sonori schizofrenico.
Come per il disco precedente, si ha l'impressione di un lavoro geniale, ma dispersivo.

La grande novita' di Lost And Safe e', come prevedibile, un minimo di normalizzazione nelle composizioni del gruppo, che sostanzialmente si contamina con la canzone intimista degli anni '90. Riuscire a modellare delle canzoni da premesse tanto concettuali quanto lo erano i due dischi precedenti, e' al momento il risultato principale dei Books.
"A Little Longing Along The Way" e' uno lentissimo alla Low, sospeso e sussurrato, appena arrangiato da qualche giocoleria da studio (i tremoli e i riverberi della voce). "Be Good To Them Always" ritorna parzialmente agli slanci estrosi dei dischi precedenti, con un bizzarro incedere di violoncello che apre la via ad un tratto di cantato in stile Clouddead. "Vog Dikt For Kloppervok" accosta una ritmica diabolicamente elaborata con una melodia di cori e voci registrate poi distorta in studio. L'impressione di questi brani e' quella di assistere a uno spettacolo di specchi al di la' di un vetro opaco. Difficile cogliere esattamente tutti i dettagli, eccetto la distanza che viene imposta tra l'ascoltatore e la materia sonora.
La stessa ritmica continua nel brano successivo, "Smells Like Content", dove pero' essa accompagna una canzoncina alla Simon & Garfunkel. Capito il trucco, svelato l'inganno, e anche "An Animated Description" e "If Not Now, Whenever" giocano con gli stessi parametri, facendo dialogare la strofa malinconica della canzone con una pletora di voci trovate. Dai dischi precedenti rimangono gli intermezzi esotici qui e la', come "Venice", un coacervo di voci registrate chiaramente a Venezia sullo sfondo di un balletto percussionistico quasi cinese.
Questa e' la colonna sonora della nuova classe borghese americana di questi anni. Quella che lavora da casa, che si circonda di ogni sorta di gadget, che ha tempo libero e denaro per passatempi intellettuali e che non e' annebbiata dalle barriere interculturali tipicamente europee. La musica di Lost And Safe ne e' l'esatto contraltare: intima, elettronica, colta e irriverente.

© Lorenzo Casaccia, 2003