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BJORK

Debut (1993) (5.5/10)
Post (1995) (6/10)
Telegram (1997) (6/10)
Homogenic (1997) (5.5/10)
Selmasongs (2000)
Vespertine (2001) (7.5/10)
Medulla (2004) (6.5/10)

Bjork Gudmundsdottir nasce in Islanda. Dopo una carriera discretamente lunga (soprattutto in relazione all'eta') in Islanda, incluso un periodo come cantante dei Sugarcubes, Bjork diventa una stella della musica inglese. Grazie e una voce portentosa e alla capacita' (manageriale, non musicale) di scegliersi ottimi collaboratori (sempre alla moda), Bjork ha di fatto inventato un stile, fatto di vocalita' eccessiva, elettronica da camera e tendenze da diva. Quello che non e' riuscito a fare e' articolare quello stile in un capolavoro vero e proprio.

Il suo primo disco, Debut, e' subito un successo ma in realta' pecca di monotonia. L'idea e' quella di mescolare la voce strepitosa di Bjork con l'elettronica da ballo dell'epoca. Sostanzialmente il progetto e' quello di realizzare un disco che sia un corrispettivo di cio' che facevano le grandi vocalist del blues e del soul, solo aggiornato al decennio in corso. Quando il progetto non riesce perfettamente, e quindi si hanno degli scarti dallo stilema prefisso, si ottengono i risultati migliori, come in "Human Behaviour". Nel resto del disco Bjork sembra letteralmente costretta a vestire abiti piu' stretti di lei stessa, o a cantare su uno sfondo non suo.

Post migliora l'integrazione degli arrangiamenti con la voce e nella maggior parte dei brani insegue il trip-hop, che un po' la moda di quegli anni. Di nuovo, tranne che nei brani un minimo fuori dagli schemi (come "Army Of Me", cui faceva accompagnamento un bizzarro videoclip), il meglio rimane la voce di Bjork, che riesce costantemente a far sembrare qualsiasi brano migliore di quello che e' (come negli hit "Hyperballad" e "Isobel"). La tensione perenne della carriera di Bjork e' ormai chiara: questa e' una performer straordinaria che pero' vorrebbe fare la compositrice.

Per caso o per scelta, Bjork risolve il problema delle proprie carenze compositive in Telegram, un disco di remix e riarrangiamenti dei brani dei due dischi precedenti. Sostanzialmente e' un greatest hits delle due uscite precedenti rivisto attraverso una pletora di rivisitazioni moderne, dal Brodksy Quartet agli Outkast, da Mika Vainio e LFO.

Bjork vira ulteriormente il suono verso l'elettronica con Homogenic, realizzato insieme a Howie B, LFO e un ottetto d'archi. "Joga" e "Hunter" si appoggiano su tappeti ridondanti di archi per permettere i volteggi della voce di Bjork. L'effetto non e' tanto quello di canzoni vere e proprie quanto di una sorta di vocalismo ambientale. I brani recuperano struttura con "Bachelorette", una cavalcata tra rallentamenti e gorgheggi affondati tra i violini. Il gioco di Bjork e' un po' ripetitivo e la seconda meta' del disco diventa sostanzialmente una appendice quasi noiosa in cui spicca solo "Pluto", un tentativo decisamente goffo di realizzare un pezzo jungle. Al solito, Bjork azzecca sempre un paio di pezzi ma non sembra reggere bene la distanza di un disco intero.

Nel 2000 Bjork fa l'attrice protagonista per Lars Von Trier e realizza la colonna sonora che esce sotto il titolo di Selmasongs.

Se e' vero che Bjork ha ormai dimostrato abbondantemente di seguire le mode, e' altrettanto vero che sa anche pescare bene i suoi collaboratori tra quelli che vanno di moda nei circoli d'avanguardia. Vespertine e' pertanto realizzato pressoche' interamente con un Powerbook, e prodotto insieme al duo dei Matmos e all'arpista d'assalto Zeena Parkins, cui si devono arrangiamenti tanto rigogliosi quanto furtivi.
Bjork non ha smesso di amare quegli archi che fanno tanto diva, e quindi "Hidden Place" apre il disco con una mescolanza di tutti gli ingredienti (ritmo fratturato, microsuoni, volute di violini, melodia romantica, coretti elaborati al computer). La mano dei Matmos di fa sentire piu' decisamente in "Cocoon", dove quella microelettronica diventa un ritmo per l'ennesima melodia commovente. E' il lato "femminile" dell'elettronica di quegli anni (come potrebbe confermare anche la melodia incantevole di "Frosti").
Rispetto ai dischi precedenti, Bjork e' sicuramente migliorata come produttrice: questo e' quindi soprattutto un disco di "suoni" e "effetti"; e' questo il punto di brano come "It's not up to you" e "Undo", pioggia di suoni cristallini tra rimandi vocali e bassi elettronici. Il meglio di se' pero' Bjork lo da' con "Pagan Poetry" un climax spettacolare a due voci guidato dal contrasto tra i bassi tellurici e gli alti dell'arpa. Matmos e Parkins sono di nuovo alla ribalta su "A Echo, A Stain", un brano di elettronica apocalittica.
Vespertine
rimane di gran lunga il lavoro migliore di Bjork.

Forte di un disco come Vespertine, la Bjork del 2004 si lancia sul sentiero scosceso e periglioso dell'avanguardia. In teoria Medulla e' un disco per sole voci ed elettronica, dove le voci si occupano anche di arrangiamenti e parte della ritmica. Di fatto, e' un disco assai sparuto, che gioca con i soliti stilemi alla Bjork estraendo tutto quello che si puo' dalle grandi vocalist d'avanguardia come le divine Meredith Monk e Joan La Barbara.
"A Pleasure Is All Mine" si adagia in uno spazio sonoro tra elettronica disfatta e voci abbozzate. Lo stesso trucco (quello di cantare un brano trip-hop riservando arrangiamenti eccentrici ai cori) di ripete in "Oceania" e "Desired Constellation" In "Show Me Forgiveness" risentiamo le solite linee melodiche alla Bjork: l'ascoltatore attento riconoscera' quei passaggi modulati che si ritrovano uguali in una mezza dozzina di brani della carriera dell'islandese. "Where Is The Line" e "All Birtan" ripescano a piene mani dai brani storici di Meredith Monk aggiungendovi il primo una linea di basso alla Techno Animal. 'Who Is It" e' una delle poche concessioni del disco al facile ascolto (secondo il paradigma radiofonico) con una marcia cadenzata come usava nei primi dischi.
Nel complesso, Bjork ha finalmente imparato a non annoiare, ma certo non a fare un capolavoro.

© Lorenzo Casaccia, 2005