AFFINITA’ E DIVERGENZE NEL CONSEGUIMENTO DELLE TRE STELLE
MICHELIN
Un viaggio culinario in Spagna
Indice Gastronomia || Il Labirinto
Tre ristoranti in
Spagna hanno l’onere di dover giustificare tre stelle Michelin ai palati degli
appassionati della buona tavola. Due sono universalmente noti: Arzak a San
Sebastian e El Bulli a Cala Montjoi. Il terzo, El Racò De Can Fabes, è (giustamente,
si vedrà) meno rinomato. Nel corso del nostro recente viaggio in Catalogna,
abbiamo avuto la possibilità di mettere a confronto gli ultimi due.
Per la nostra cena, consumata accanto a una tavolata di “nuovi russi” cui l’educazione (ma non la voglia di fumare) faceva difetto, la scelta è stata tra un menù classico, che propone una antologia delle migliori creazioni di ogni anno, ed un menù che propone soltanto le novità dell’estate 2000. Noi abbiamo optato per il menù classico, introduzione quasi obbligata alla cucina di Santi Santamaria. Da una carta dei vini altrettanto elegante ed intelligente (sarà lo stesso per i superalcolici), abbiamo scelto un Marques de Alella Allier del ’96.
All’aperitivo, un classico calice di Cava (non alla temperatura ottimale), si accompagnano dei gradevoli stuzzichini con sanguinaccio di toro e crema di anguilla, una strepitosa crema di crostacei con uova di caviale, ed una gelatina di melone con prosciutto crudo, ed un uovo che emerge dal fondo. Il pane viene fatto scegliere da una ampia selezione presentata in un cesto, e si accompagna con dell’ottimo burro mantenuto tiepido in un apposito pentolino di rame.
I veri antipasti si aprono con la crema di pomodori alla menta con crostacei, di nuovo eccellente, che si accompagna a foglie di insalata con crostino di formaggio. A seguire un involtino di sgombro in foglia di castagno con ottimi peperoni al forno, e dei ravioli di gambo di fungo, i quali, molto saporiti, sono in gradevole contrasto con i piatti precedenti.
Si viene così introdotti al pesce fresco di giornata alle erbe aromatiche (nel nostro caso, salmone alla crema di carciofi) ed all’insignificante e pure un po’ banale capretto con verdure (che sostituisce il vitello, non più disponibile a causa – pare – della festa patronale di San Celoni). Forse è questo l’appunto principale che si va a rivolgere al Racò: quello di non cercare lo stupore e l’ammirazione del cliente ad ogni portata, come, vedremo poi, fa invece Adrià a El Bulli.
La parte conclusiva della cena vede il formaggio di capra su un tappeto di sfoglia con crostino aromatico; una selezione molto valida di tre sorbetti in un vassoietto apposito assai elegante; e palline di cioccolato caldo fondente con gelato al cocco servite con un vino (un Noè) che lega a meraviglia con le sensazioni tropicali del cacao. Una crema di caramello anticipa la ricchissima piccola pasticceria che si accompagna al caffè, il quale arriva con degli splendidi tartufini.
Nel complesso, ci
siamo chiesti già durante la cena più volte da dove derivasse questa conclamata
eccellenza. La terza stella Michelin sembra essere stata elargita con troppa
generosità.
Sì apre poi Cala Montjoi, una piccola baia raccolta sulle cui pendici sorge la villa che ospita El Bulli. L’edificio si confonde benissimo con il paesaggio, il parcheggio è ampio, una terrazza con tavoli all’aperto si affaccia sul mare. Il personale è composto pressochè integralmente da giovani ancora in odore di scuola alberghiera, che si muovono comunque con competenza (parlano tutti – fatto non trascurabile – un buon inglese e francese) nelle belle e spaziose sale del ristorante. L’ambiente è curato ma senza eccessi. Sottopiatti di ceramica e rosa rossa su ogni tavolo. Caldi e confortevoli i bagni che ricordano quelli di un veliero (luce ocra, sciabordio delle onde da una finestrella sul mare): peccato per il sapone in un banale dispenser da supermercato.
Il menù degustazione accompagna per mano nella cucina di Adrià, un grande lavoro di studio e ricerca che porta a rielaborare la cucina mondiale. La tradizione giapponese, la tecnica francese e le materie prime italiane vengono assimilate, rielaborate, riproposte facendo collidere sapori consueti ed inconsueti e cercando la sorpresa del cliente ad ogni portata, che è poi quel che è dovuto in un ristorante che miri così alto. Ogni piatto è una tavolozza di sapori, dove noi siamo gli assaggiatori/pittori, e l’emozione definitiva si crea sulle nostre papille gustative. E’ questa la destrutturazione dei piatti, o meglio ancora la scomposizione dei sapori. Il patè di rape e soia, ad esempio, consta di due rondelle sovrapposte di crema. La prima (di soia) è salatissima, la seconda (di rape) è insipida. Gustate insieme si ha l’effetto voluto. Una cena da El Bulli è un manifesto alla libertà e alla non violenza (il coltello è bandito dal tavolo).
Ampia la carta dei vini, e aperta alle migliori etichette internazionali, da cui abbiamo potuto scegliere l’ultima bottiglia rimasta di Clos De L’Obac 1997, splendida. Il pasto si apre con una galleria di snack che accompagnano l’aperitivo (anche qui un Cava). Si va da un superbo Gin Fizz coperto di spuma calda, ad una grandiosa alga cristallizzata che sa di mare fino ad un delizioso cornetto wasabi con caviale di trota e tuorlo d’uovo mignon in cima. Si passa anche per cose meno convincenti, come la “philo-pizza”, una scaglia sottilissima che sa di pizzetta Catarì o le noccioline e i semi di girasole al cioccolato. Per alcuni snack la fruizione è guidata: è il caso della caramella allo yogurt ripiena di yogurt, o della fragola al Campari, dopo la quale si chiede di non bere per un minuto: il tempo da lasciare alle erbe ed al fizz di sprigionare il loro retrogusto ed effetto in coda al sapore della fragola.
Le tapas raggiungono subito una vetta di eccellenza con il melone in gelatina (come a El Racò!), cui fanno contorno piccole nuvole di spuma d’uovo, ciascuna aromatizzata da un’erba diversa (menta, aneto, ecc.) e che nascondono una mandorla bianca; proseguono con il già citato patè di rape e soia con succo d’arancia, con un cous-cous alle erbe e culminano con degli strepitosi asparagi con montagnette di parmigiano, omaggio alle tradizioni italiane; queste ultime nascondono un cubetto di gelatina al limone: l’effetto congiunto dei tre sapori – scorporati nel piatto – è stupefacente.
Tra le portate seguenti, sicuramente provocatorio (e discutibile) il brodo in gelatina con ciuffi di purea, spinaci crudi e prosciutto cotto, che ci riportava con la memoria alla mensa dell’asilo; difficile e non convincente il coniglio con gelatina di mela e zucchero caramellato. Entusiasmano di nuovo invece l’elegante rielaborazione giapponese del budino di alghe con cirripedi ed emulsione di thè, ed il piatto di raccordo con i dolci che consiste di purea alla vaniglia su uno strato di uovo sbattuto.
Un Moscatel Emilin Lustau, offerto dalla giovane sommelier, accompagna il gelato alla birra con lampone e scaglie di yogurt, ed il gelato al cioccolato amaro in polvere (aspetto di polvere di cioccolato e consistenza del gelato) con gelatina al lime e wasabi, accostamento ardito ma perfettamente riuscito. La piccola pasticceria è fantasiosa, dal gelato al lampone allo spiedino di ananas alla menta, al mais ricoperto di cioccolato.
Senza nulla togliere alla validità intrinseca di quest’ultimo, comunque un ottimo ristorante tradizionale, la distanza nella nostra memoria è incommensurabile
El Racò De Ca Fabes
Carrer St. Joan, 6
08470 Sant Celoni
Catalunya
tel: 93 867 28 51
menù degustazione: 13950 pesetas (circa 153000 lire)
El Bulli
Cala Montjoi, ap. 30
17480 Roses
Girona
tel: 972 150 717
menù degustazione: 14700 pesetas (circa 162000 lire)