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Chicago Blues

TIM RUTILI


by Lorenzo Casaccia, 2002 ©

 

In un momento di stanca dell’indie-rock, le idee piu’ interessanti germogliano intorno a piccole label, nuclei indipendenti di ridotte dimensioni (come auspicava Fripp vent’anni fa...) i quali collaborano gli uni dei dischi degli altri e che sviluppano ciascuno in maniera personale un paio di idee comuni.
E' il caso della Truckstop Records , o della Temporary Residence, ed e’ pure il caso della Perishable, chicagoana anch’essa.

Nata intorno ai Red Red Meat, grande formazione degli anni ’90 che diremmo post-beefheartiana nell’approccio modernista e surreale al blues piu’ sanguigno, la Perishable si e’ poi distinta con un nugolo di uscite che rileggono la musica tradizionale americana alla luce dell’oggi.
Un rispetto per la tradizione che in un certo senso fa da trait d’union con la Truckstop ma che porta a forme musicali ben differenti dall’etichetta di Krassner.
Una musica mai classicista ma piuttosto ubriaca e sognante, attraverso le note di una band eccellente come i Califone, di artisti come Rutili, Massarella, Hurley, e di un corollario di altre uscite che ha finito per abbracciare anche un nome storico del post-rock come Doug Scharin.

Tim Rutili, leader di Red Red Meat e Califone, e' uno dei nomi piu’ importanti dell’ultimo decennio di rock americano.


Dove sei cresciuto? Dove vivi ora?
Sono nato a Chicago e sono cresciuto ad Addison, un sobborgo di Chicago. Da 17 anni abito a Chicago.

Perche’ i Red Red Meat si sciolsero?
Eravamo stanchi e decidemmo di fermarci per un po’ dopo il tour di “Star Above The Manger”. Pensammo che sarebbe stata una pausa temporanea ma ci impegnammo tutti con altri progetti e nel dare una regolata alle nostre vite. Ora come ora penso che siamo tutti felici di esserci fermati allora. Ci piace ancora lavorare insieme e magari in futuro faremo un nuovo disco con i Red Red Meat. Brian Deck lavorera’ sul prossimo disco dei Califone con Ben e me. Se Tim Hurley ha tempo mi piacerebbe che anche lui ci partecipasse...

Un aspetto importante della tua musica e’ il rapporto con la tradizione (musicalmente parlando). Cosa trovi attraente in una forma musicale come il blues?
E’ una musica che suona come se fosse sempre esistita. Ne amo l’immaginario. C’e’ certa musica che sembra faccia parte del tuo DNA. Penso che il nostro lavoro sia di trovare quella musica in cio’ che facciamo. Non attraverso l’imitazione di altro, ma dentro noi stessi. Penso che il provenire da un sobborgo di Chicago, da una famiglia della borghesia medio-bassa, che l’essere iperprotetti o ignorati da bambini, il guardare troppa televisione e l’uscire da quel contesto ancora con la voglia di imparare delle cose abbia influenzato cio’ che facciamo tanto quanto la musica che ascoltiamo. E’ una cosa che ha a che fare con l’accettazione della tradizione e delle tue origini, e con il liberarsi da esse senza perderne la familiarita’ e la bellezza.

Consideriamo parecchi dei tuoi lavori tra i migliori esempi di rinnovamento del blues nello scorso decennio. Ci sono altri artisti che ti piaccono, lungo la storia del rock, che hanno effettuato operazioni simili?
Nessuno ha effettuato questa operazione meglio dei Rolling Stones degli anni ’60 e ’70, o meglio di Bob Dylan. Sono risposte facili ma credo che loro siano il top per quanto riguarda l’inserire un proprio feeling all’interno della musica tradizionale americana.

Piero Scaruffi ha scritto nel suo articolo “La musica dei Red Red Meat era la quintessenza della spontaneita’. La musica dei Califone si dipana artificiale, trattando e riciclando idee sonore”.
Dipende dai brani. Sul primo disco dei Califone usammo molti loop e parecchio editing di idee improvvisate per costruire i brani. Su “Roomsound” parecchie idee sono partite semplicemente da temi suonati da piano, chitarra e batteria, e poi ci abbiamo costruito sopra. In “Deceleration One” abbiamo usato solo spontaneita’ e improvvisazione. Entrambe le cose, sebbene opposte, mi piacciono.

Quanta della vostra musica attuale puo’ essere facilmente riprodotta dal vivo? C’e’ molto post-processing? O gli effetti elettronici sono aggiunti in tempo reale mentre registrate?
Non usiamo piu’ l’elettronica nei live. Cerchiamo di utilizzare lo studio e i concerti dal vivo come aspetti completamente distinti. Dal vivo e’ piu’ divertente suonare con degli esseri umani. In studio e’ piu’ divertente giocare con delle macchine.

Negli ultimi anni, nel rock americano, stiamo osservando sempre piu’ band che si dirigono verso un suono memore degli anni ’60 e ’70: l’alt.country, molto folk, Joe Henry. Ad esempio, ti piace la Truckstop Records?
Non so dove portera’ tutto questo tipo di musica e non ci bado molto. Ma amo la Truckstop. Joe Ferguson e’ nella stanza accanto a lavorare a un disco nel nostro studio. Nello scorso settembre sono andato in tour in Europa suonando nel Boxhead Ensemble con Michael Krassner, Scott Tuma, Longberg-Holm, Currey e White. Ho imparato molto suonando con loro.

Come nacque la Perishable?
La cominciammo per fare uscire i primi singoli dei Red Red Meat all’inizio dei ’90. Quando cominciammo a lavorare con la Sub Pop smettemmo di lavorarci e ci ritornammo con il disco di Loftus nel 1998. Richiede molto lavoro ma ci piacciono i dischi che facciamo uscire e speriamo di poter continuare a lungo.

Ho visto che legato alla Perishable c’e’ uno studio di registrazione, il Clava Studio.
Il Clava e’ di Ben Massarella. E’ uno studio completamente funzionante e ultimamente e’ stato molto impegnato. E’ in due garage accanto all’ufficio della Perishable. Per me e’ come una seconda casa.

 

LINK:
Perishable Records